Crescono le tasse sugli affitti brevi per agevolare quelli più lunghi

Non è un mistero che gli affitti brevi siano scomodi a molti. Sono scomodi agli alberghi, perchè hanno davanti a sè una concorrenza spietata che mai si immaginavano fino a pochi anni fa; sono scomodi agli abitanti delle città, che si trovano “invasi” da turisti che poco hanno da spartire con il tessuto sociale e che non sempre vengono visti di buon occhio; sono scomodi alle tasche dei cittadini, perchè portano una riduzione dell’offerta di case, con conseguente aumento della domanda e innalzamento dei prezzi.

Per provare a contrastare il fenomeno (oppure, secondo alcuni, per cavalcare l’onda e fare più cassa) il governo ha inserito nella bozza della legge di bilancio 2024 un innalzamento della cedolare secca per gli affitti brevi, dal 21% al 26%, una mossa che, qualora venisse approvata definitivamente, farà sicuramente storcere il naso ai proprietari degli immobili in affitto per brevi periodi, che molto spesso sono privati cittadini che vivono nelle città turistiche o nelle località costiere o montane, i quali, per fronteggiare il peso del caro vita, decidono di trovare un modo completamente legale per conseguire dei redditi alternativi.

La bozza ancora non ha trovato una definizione, ma riguarda l’articolo per la “modifica della disciplina fiscale sulle locazioni brevi”, ed è sostenuta da Federalberghi, secondo cui i privati che affittano una parte della casa o un appartamento libero non hanno il carico fiscale e normativo degli hotel, i quali pagano complessivamente più tasse, e si troverebbero quindi davanti una sorta di “concorrenza sleale” da parte di chi affitta la propria casa.

Al dibattito, che sta facendo infuocare gli animi dei diretti interessati, è intervenuto anche Claudio Bocchietti, il presidente dei proprietari di casa iscritti alla Confedilizia di Como.

Le sue parole sono un fulmine a ciel sereno: secondo lui il governo, invece di aumentare la tassazione sugli affitti brevi, dovrebbe “incentivare le locazioni abitative lunghe, e quindi introdurre un regime di tassazione zero, senza imposte sui redditi e senza Imu, per tutta la durata della locazione di lungo periodo, perlomeno per quelle stipulate a canone concordato”.

Ricordiamo che in Italia ci sono 9,5 milioni di case vuote, mentre gli affitti brevi riguardano soltanto l’1,7% delle abitazioni, con percentuali naturalmente più alte nelle località a maggior vocazione turistica. In sostanza, Bocchietti afferma che per soddisfare la domanda di case a prezzi ragionevoli, specie per chi lavora nella zona di Como, occorrerebbe incentivare i contratti a medio e lungo termine, anzichè penalizzare i contratti a breve.

Il lavoro del governo sugli affitti brevi non sembra fermarsi qui: la legge a cui sta lavorando Daniela Santanchè, ministro del turismo, prevede una permanenza minima di due notti nelle strutture poste nei centri storici delle città metropolitane e nei comuni ad alta densità turistica, con multe fino a 5000 euro per chi viola la norma affittando la casa per una notte soltanto. Ogni immobile in affitto dovrà poi avere un codice identificativo nazionale (CIN) che consentirà di creare una banca dati italiana delle case in affitto, per uniformare la disciplina.

Nel frattempo che stiamo alla finestra per cercare di capire quali saranno le restrizioni agli affitti brevi, c’è un dato che non può essere smentito: secondo i dati riportati dal centro studi Aigab, la domanda delle seconde case in affitto breve, rispetto al 2022, è cresciuta del 25%. Como, tra le località turistiche, è in sensibile aumento. Non resta quindi che attendere il testo definitivo della manovra per avere il quadro completo delle novità, dopo l’esito della presentazione del DDL in parlamento e della fase di discussione.

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